La distonia è un disordine del movimento caratterizzato da contrazioni muscolari sostenute o intermittenti, spesso innescate o peggiorate dall’attività volontaria, che comportano la comparsa di movimenti o posture anomale. Per distinguere i diversi fenotipi clinici è importante definire età di esordio (forme dell’infanzia o dell’età adulta), distribuzione corporea della distonia (forme focali, segmentarie e generalizzate) ed andamento temporale (stabile, progressiva o fluttuante). La distonia può essere isolata o associata con altri disturbi del movimento (parkinsonismo, mioclono) o altre manifestazioni neurologiche o sistemiche.
La distonia può coinvolgere qualsiasi distretto corporeo, anche se più frequentemente si riscontra un coinvolgimento focale, localizzato in un singolo distretto corporeo. Diversamente, se l’esordio si manifesta in età infantile, si riscontra più facilmente il coinvolgimento di multiple regioni corporee. Tra le forme di distonia più comuni riscontriamo:
- Distonia cervicale, che comporta una rotazione od inclinazione abnorme del capo, spesso associate a movimenti oscillatori o tremore.
- Distonie della muscolatura facciale: blefarospasmo, (condizione caratterizzata da un ammiccamento eccessivo o spasmi dei muscoli orbicolari dell’occhio) e distonia oromandibolare (condizione caratterizzata da interessamento della lingua e della mandibola). Quando vi è un’associazione delle due entità cliniche, si parla di sindrome di Meige.
- Disfonia spasmodica, dove i pazienti presentano una voce flebile o ansimante
- Distonie a carico delle estremità. Quando è coinvolta la mano, spesso il fenomeno si verifica in concomitanza di attività specifiche che come lo scrivere o il suonare strumenti musicali. Tali condizioni sono note come distonie compito-specifiche.
Eziopatogenesi
L’inquadramento eziopatogenetico della distonia è una sfida diagnostica complessa. In molti casi tale disordine è causato da un’alterazione del sistema nervoso centrale (principalmente a carico di nuclei della base, cervelletto, aree motorie supplementari e corteccia sensorimotoria), che comporta una disfunzione sensorimotoria ed una anomala plasticità neuronale. Spesso però non è riscontrabile un processo degenerativo o una lesione strutturale chiaramente definita. In alcuni casi vi è una predisposizione genetica ereditaria. In altri casi la distonia può essere scatenata da eventi esterni, ad esempio traumi cranici, infezioni oppure esposizione a farmaci o sostanze chimiche. In altri casi la distonia può svilupparsi dopo l’esecuzione di un’attività ripetuta per lunghi periodi di tempo, ad esempio la scrittura (crampo dello scrivano) o il suonare uno strumento musicale (distonia del musicista). Infine, vi sono distonie idiopatiche (sporadiche o familiari), per le quali si ipotizza una causa genetica non ancora meglio definita.
Diagnosi
La diagnosi deve essere posta dal neurologo, specialista esperto in disordini del movimento, mediante un’attenta valutazione neurologica. In alcuni casi può essere necessaria l’esecuzione di esami ematici o di neuroimmagini. Importanti informazioni da prendere in considerazione in pazienti affetti da distonia riguardano:
- Età di esordio
- Regione corporea affetta
- Modalità d’esordio, improvvisa oppure lentamente progressiva
- Eventuale associazione con altri segni clinici
Terapia
Se è possibile riscontrare una causa ben definita di distonia, il medico di riferimento dovrebbe prescrivere un trattamento mirato.
La somministrazione intramuscolare di tossina botulinica è stata la più importante innovazione terapeutica nella cura delle distonie. I pazienti affetti da distonia (blefarospasmo, distonia oromandibolare, distonia cervicale, distonia laringea, distonia degli arti) possono beneficiare del trattamento con tossina botulinica. La somministrazione intramuscolare di tossina botulinica nei muscoli iperattivi dei pazienti distonici inibisce il rilascio di acetilcolina a livello della placca neuromuscolare. In tal modo la TB, determinando una denervazione chimica, produce una riduzione dell’iperattività dei muscoli distonici.
Il trattamento con TB deve essere effettuato presso centri clinici specializzati. Le iniezioni di tossina botulinica dovrebbero essere eseguite da medici esperti e ne è raccomandata la ripetizione ogni 3-4 mesi.
L’emicrania cronica viene definita come una cefalea che si presenta con una frequenza di almeno 15 attacchi al mese presente da almeno 3 mesi, di cui almeno 8 attacchi hanno carattere emicranico o rispondono a farmaci antiemicranici. Si tratta di una condizione neurologica disabilitante che interessa l’1.4-2.2% della popolazione generale. Si tratta di una patologia che colpisce prevalentemente il sesso femminile con un’età di insorgenza media tra i 20 e i 30 anni. L’emicrania cronica è spesso un problema molto sottovalutato ad elevato costo socio-economico. Inoltre si associa ad un aumentato rischio vascolare, di comorbilità psichiatriche, disturbi respiratori, etc che impattano sulla qualità di vita dei soggetti affetti.
Diagnosi e valutazione del paziente
La cefalea è un sintomo molto comune e può sottendere numerose condizioni morbose (cause vascolari, infettive,traumi, disturbi respiratori, neoplasie, disturbi della dinamica liquorale, ecc). Pertanto a seconda del dato anamnestico e dell’obiettività si impone l’esecuzione di esami strumentali che vanno dagli esami ematochimici al neuroimaging (RMN encefalo, TC cranio) per escludere una eventuale forma secondaria. È importante valutare attentamente le caratteristiche della cefalea, la frequenza, la presenza di fenomeni associati, la presenza di allodinia cutanea, di fattori scatenanti o che peggiorano la cefalea, e di accertare se coesiste una condizione di abuso di farmaci analgesici. Inoltre è opportuno anche valutare mediante apposite scale in che misura la cefalea incida sulla qualità di vita del paziente (MIDAS, HIT-6), non che la presenza di comorbilità psichiatriche associate.
Trattamento
Il paziente con emicrania tende spesso a sottovalutare la propria condizione e l’inizio di una terapia preventiva viene procrastinato al momento in cui l’emicrania si è già cronicizzata. Attualmente sono disponibili numerose categorie di farmaci per la profilassi dell’emicrania cronica (antidepressivi, beta-bloccanti, antiepilettici, antipertensivi, calcio-antagonisti, antistaminici). Tuttavia circa il 5.1% dei pazienti diventa intrattabile, cioè resistente ad almeno 3 trattamenti preventivi condotti in maniera adeguata.
I trattamenti neuromodulativi rappresentano una valida ed efficace alternativa in questi pazienti. La tossina botulinica è stata approvata per il trattamento dell’emicrania cronica nel 2010 in America e nel 2012 in Europa. Il trattamento secondo lo schema standard PREEMPT prevede la somministrazione di tossina botulinica a livello intramuscolare secondo uno schema fisso o “seguendo” il dolore, con siti aggiuntivi in relazione a sintomi individuali. L’efficacia della tossina sul trattamento dell’emicrania cronica si basa sul blocco del rilascio di mediatori nocicettivi dai terminali assonici afferenti, riducendo pertanto l’afferenza dolorosa periferica. Ciò indirettamente agisce anche sui fenomeni di sensitizzazione periferica e centrale che sono alla base della cronicizzazione dell’emicrania.
Il trattamento con tossina botulinica si è rivelato sicuro e maneggevole. Gli effetti collaterali riportati, sebbene tutti transitori e reversibili dopo alcune settimane, erano la ptosi della palpebra e del sopracciglio, dolore nucale e debolezza del collo.
L’iperidrosi è una produzione eccessiva di sudore rispetto a quanto necessario alla normale termoregolazione. L’iperidrosi può essere secondaria ad una patologia nota (endocrinopatie, obesità, etilismo cronico, infezioni croniche, neoplasie) o idiopatica (da causa non nota). L’eccessiva sudorazione può avere una distribuzione diffusa o focale ed interessare solo alcune aree cutanee specifiche.
Si stima che l’iperidrosi primaria/idiopatica abbia un’incidenza del 1 % nella popolazione generale, e rappresenta spesso una condizione imbarazzante e altamente invalidante per il paziente. L’iperidrosi primaria può interessare principalmente le ascelle (iperidrosi ascellare), le mani (iperidrosi palmare), i piedi (iperidrosi plantare), la fronte, e i glutei. Tali aree cutanee infatti sono le più ricche di ghiandole sudoripare eccrine.
Etiopatogenesi
Possiamo distinguere forme primarie e secondarie di iperidrosi. Le forme primarie non sottendono una causa precisa, ma piuttosto si ritiene che abbiano un’origine multifattoriale legata a fattori genetici, ambientali e psicologici. Si ritiene che queste ultime siano legate ad una eccessiva attività simpatica.
L’iperidrosi secondaria invece si verifica come conseguenza di un’altra condizione morbosa come endocrinopatie (ipertiroidismo, diabete, feocromocitoma, iperpituitarismo), infezioni croniche, insufficienza cardiaca e respiratoria, intossicazione da alcol, sindrome d’astinenza da sostanze (cocaina, anfetamine, etc), malattia di Parkinson, sindromi autonomiche, varie neoplasie come il tumore glomico, l’uso di alcuni farmaci come i simpaticomimetici. In questo caso si ritiene che l’iperidrosi sia attribuibile ad un eccesso di mediatori in circolo.
Diagnosi
Il medico che si approccia ad un paziente con iperidrosi deve innanzitutto eseguire un attenta valutazione del paziente, valutandone i dati anamnestici ed obiettivi, e verificando anche mediante appositi esami ematochimici (screening ormonale) la presenza di condizioni che possono sottendere una iperidrosi secondaria.
Occorre inoltre valutare la gravità dell’iperidrosi, ponendo particolare attenzione alla presenza di alterazioni cutanee, che vanno dalla semplice irritazione cutanea, alla macerazione della pelle e presenza di infezioni locali.
Trattamento
- Tossina botulinica: l’infiltrazione a livello locale di tossina botulinica inibisce le fibre simpatiche postgangliari colinergiche che innervano le ghiandole sudoripare, riducendone di conseguenza la secrezione. Il trattamento ha una durata di alcuni mesi e può essere ripetuta. Possibili effetti collaterali sono il dolore nella sede dell’inoculo e la possibile comparsa di ipostenia dei muscoli vicini all’iniezione.
La spasticità è un disordine del movimento caratterizzato dall’incremento velocità-dipendente del tono muscolare, associato ad un variabile livello di ipereflessia e paralisi muscolare. Tale condizione è correlata ad un danno del primo motoneurone, conseguente a molteplici patologie del sistema nervoso centrale (stroke, sclerosi multipla, traumi cranici, mielopatie vascolari, infiammatorie o infettive, patologie degenerative, etc…).
Fisiopatologia
Il primum movens della spasticità è rappresentato dall’iperattivazione del riflesso miotatico, un circuito monosinaptico spinale che previene l’eccessivo allungamento di un ventre muscolare. In condizioni normali, si osserva l’attivazione delle fibre Ia dei fusi neuromuscolari, che comportano il coinvolgimento del II motoneurone, con la contrazione del muscolo agonista e inibizione del muscolo antagonista. Tale circuito è modulato da molteplici afferenze sensitive, propriocettive e sovraspinali. Quando vi è un danno del primo motoneurone, si riscontra una minore inibizione del riflesso miotatico, caratterizzato da una minore soglia di attivazione, e di conseguenza un atteggiamento di eccessiva contrazione del muscolo interessato. Tale condizione si traduce un variabile grado di immobilizzazione del segmento corporeo interessato, che a lungo termine comporta la sostituzione del tessuto muscolare originario con tessuto connettivo e adiposo; di conseguenza si può riscontrare un accorciamento del ventre muscolare, che si traduce in una contrattura ed in una limitazione permanente della motilità articolare.
Nel contesto della spasticità si possono riscontrare diversi segni clinici associati, tra i quali annoveriamo:
- Il clono, dove in seguito ad uno stiramento improvviso del muscolo si osserva una successione di fenomeni di contrazione e rilassamento della muscolatura, in virtù dell’attivazione alternante dei fusi neuromuscolari e degli organi tendinei del Golgi;
- Gli spasmi muscolari, movimenti involontari improvvisi che rappresentano un’eccessiva accentuazione del riflesso di allontanamento dagli stimoli nocicettivi. Tali risposte possono coinvolgere molteplici segmenti muscolari.
- La co-contrazione spastica, dove in seguito ad un’attività volontaria si osserva un’attivazione inappropriata dei muscoli antagonisti; gli spasmi, movimenti involontari improvvisi legati ad un’eccessiva risposta di retrazione di un segmento corporeo nei confronti di uno stimolo doloroso;
- La distonia spastica, condizione caratterizzata da una persistente contrazione muscolare in seguito ad un’attività muscolare volontaria o riflessa.
Diagnosi
In primo luogo è necessario porre diagnosi clinica di spasticità attraverso l’individuazione di fondamentali segni obiettivi.
- L’incremento del tono velocità dipendente
- La presenza di una resistenza più marcata nella fase iniziale della mobilizzazione passiva, seguita da una rapida caduta del tono (fenomeno del coltello a serramanico);
- L’accentuazione dei riflessi osteotendinei in virtù di una minore inibizione del riflesso miotatico;
- Il coinvolgimento principalmente a carico dei muscoli antigravitari
Questi elementi consentono di porre diagnosi differenziale con altre cause di incremento del tono muscolare. Tra queste annoveriamo:
- La rigidità, condizione caratterizzata da un incremento omogeneo del tono muscolare nell’arco della mobilizzazione passiva, non velocità-dipendente.
- Il fenomeno di Gegenthalen, dove vi è un incremento del tono proporzionale alla forza applicata dall’esaminatore.
- La catatonia, sindrome neuropsichiatrica, caratterizzata da anomale posture e dal fenomeno della waxy flexibility, che consiste nel mantenimento degli arti nella posizione fatta assumere dal paziente all’esaminatore.
E’ fondamentale un’attenta valutazione anamnestica e clinica da parte del medico specialista, al fine di quantificare il grado della spasticità e riconoscere la precisa eziologia del disturbo. Un ruolo decisivo è svolto dall’esecuzione di esami ematici o di neuroimmagini per ottenere un corretto inquadramento diagnostico.
Terapia
Prima di iniziare i farmaci antispastici, è essenziale valutare gli obiettivi del trattamento: ad esempio, ridurre il dolore e il disagio, migliorare la deambulazione, consentire l’assunzione di una postura corretta, migliorare l’autonomia del soggetto. La debolezza è un effetto collaterale di tutti i farmaci antispastici. L’escalation inappropriata della dose porta spesso a effetti collaterali e quindi a una scarsa compliance. Inoltre, è essenziale cercare di raggiungere la dose massima tollerata per un periodo sufficientemente lungo prima di interrompere un farmaco, al fine di apprezzarne la reale efficacia e prevenire un effetto rebound da sospensione brusca. La risposta ad uno specifico trattamento è variabile in base al paziente. Infine è importante ricordare come ogni strategia farmacologica adottata debba essere sempre accompagnata da una corretta terapia fisica e riabilitativa per ottenere i migliori risultati.
La tossina botulinica ha rappresentato una importante innovazione terapeutica nella cura della spasticità:
- Tossina botulinica. Estratta dal batterio Clostridium botulinum, la tossina botulinica lega e degrada la proteina presinaptica SNAP-25, necessaria per la fusione delle vescicole di acetilcolina ed il loro rilascio a livello della giunzione neuromuscolare. In questo modo, si ottiene un blocco neuromuscolare transitorio nel sito di somministrazione, i cui effetti si apprezzano pienamente nell’arco di pochi giorni. Tale metodica assume fondamentale importanza nelle spasticità focali e, più in generale, nei contesti in cui sia necessario modulare selettivamente l’attività muscolare; inoltre consente di evitare le condizioni di eccessiva sedazione o debolezza muscolare riscontrate con gli altri trattamenti farmacologici.
Tuttavia, non devono essere sottovalutati possibili effetti collaterali dovute alla diffusione della tossina a distretti muscolari non interessati dalla spasticità e/o alle dosi eccessive di tossina.